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Codipendenza e relazioni (a cura della Dott.ssa Vittoria Nervi)

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Codipendenza e relazioni (a cura della Dott.ssa Vittoria Nervi) Empty Codipendenza e relazioni (a cura della Dott.ssa Vittoria Nervi)

Messaggio  Admin Mer Nov 26, 2008 8:27 pm

La modalita’ di ‘dare e amare troppo’ fa parte del sentire femminile,incoraggiata anche da una cultura radicata che ancora,nel terzo millennio,influenza il ruolo di ‘come deve essere una donna per essere tale’.
Spesso sento gli uomini lamentarsi ‘ le donne sono diventate aggressive..chi le capisce?’
e le donne ribattono con ‘non ci sono piu’ uomini..con le palle’.
Il dialogo sta diventando difficile,i confini fra i due ruoli confuso,il concetto ben definito nel passato
-donna passiva,accogliente,comprensiva
-uomo attivo,proiettato nel mondo,responsabile
è in discussione ogni giorno.
Chi è codipendente ha bisogno di qualcuno che ha bisogno di lei/lui.
Questo è il meccanismo problematico alla base della codipendenza.
L’idea di farsi carico dei bisogni dell’altro a scapito dei propri porta alla fine ad un triste risultato..a trovarsi nel ruolo di vittima.
Questo ruolo è solo il risultato finale di un percorso del’gioco’ distruttivo della codipendenza.
Il termine gioco si rifa all’analisi transazionale.Berne li illustra nel suo libro A che gioco giochiamo?
Ogni volta che una persona è in relazione con un’altra persona avvengono degli scambi di messaggi verbali e non.I giochi sono una serie di messaggi che si scambiano per ottenere,come tornaconto attenzione,carezze
Sfortunatamente, le carezze che si ottengono con i giochi sono per la maggior parte negative
Il gioco della codipendenza ha 3 ruoli
all’inizio quello del SALVATORE,della crocerossina cioè di chi vuole aiutare,compiacere,
dare..dare all’inifinito.
Poi quello del PERSECUTORE perché dopo un po’ che si da’ senza ricevere inizia ad accumularsi la frustrazione,il risentimento perché l’altra persona non apprezza,
lo dà per scontato. e questo ferisce.Si comincia a ‘tenere’ tutto dentro in silenzio.
Alla fine si finisce nel ruolo di VITTIMA col dire amaramente ‘perchè proprio a me ?
perché lui/lei non apprezza quello che faccio? perché continuo a fare così e non riesco
a smettere e a pensare un po’ anche a me?
Questi tre ruoli del gioco sono chiamati anche triangolo di Karpman
SALVATORE PERSECUTORE

VITTIMA
Le regole di questo gioco si imparano da piccoli e il gioco diventa quasi automatico senza che le persone coinvolte se ne accorga consciamente.
Il/la codipendente cercherà delle persone che lo/la tratteranno ingiustamente perché il rapporto con se stesso non è in equilibrio
Il codipendente ha imparato,crescendo,che il suo valore dipende dagli altri,da cosa pensano loro,dai loro giudizi.
Per farli pensare in positivo bisogna compiacere,comportarsi come vorrebbero,
prevedere quello di cui hanno bisogno,non dare mai motivo di scontento.
Bradshaw ha coniato questa definizione’smettono di vivere come persone- essere e diventano persone-fare’
Una persona codipendente ha perso la memoria di prendersi cura di sé tempo fa
La buona notizia è che si puo’ cambiare.Ogni comportamento appreso puo’ essere cambiato.SI puo’ imparare un modo nuovo di pensare e di comportarsi.
IL PRIMO PASSO… SEI TU
Il primo passo inizia con il recupero di sé
Il tuo sé e’ un insieme di credenze,valori,talenti,comportamenti solo tuoi.
Non c’è al mondo un altro essere uguale.Sei unico/a
L’autostima,cioè,la descrizione della tua unicità. comprende il cercare la tua risposta
personale a queste 2 domande:
- che valori ho come ( nome) ?
- che cosa mi piace di me?in cosa sono unico/a?
e da questa affermazione
- l’approvazione inizia da me stesso/a,dentro di me
All’inizio non è facile lavorare su di sé.
Datti il permesso di chiedere un aiuto professionale per iniziare.
IL SECONDO PASSO ..I TUOI CONFINI PERSONALI
Ho scritto già dei confini personali.Servono a delimitare il tuo spazio,a proteggerti,a sostenerti come persona. I confini sono:
FISICI cioè il tuo corpo.TU decidi e controlli chi,come,quando e quanto puo’ avvicinarsi
EMOTIVI tu determini e decidi come sentirti in ogni momento.
Nessuno puo’ dirti come ti devi sentire e nessuno puo’ farti arrabbiare,sentire triste ecc se non glielo permetti.
PSICOLOGICI tu determini e fai esperienza di cosa pensi,delle tue opinioni su
ogni argomento e puoi scegliere se condividerli o tenerli per te.
Quando si dice che questa modalita’ di rapporto risale all’infanzia non è per colpevolizzare i genitori,la famiglia…
E’ solo per prendere atto e riconoscere ciò che hanno insegnato.
Non vuol dire giudicare ma rendersi consapevoli.
Non è una caccia al colpevole ma il punto di partenza.
Ora,da adulti la responsabilita’ di cosa tenere per buono e cosa lasciar andare è responsabilita’ propria,in prima persona.
E’ come prendere la patente,per usare una metafora.
Da piccolo ognuno ha cercato l’approvazione degli adulti,di quelle persone,specie i genitori,
che sono importanti e quella approvazione nei
casi fortunati c’era nel momento e nel modo giusto ma spesso essa:
-non c’era
-era condizionata (ti approvo,ti voglio bene se…)
-era basata su una richiesta troppo difficile da esaudire
Gli adulti avevano il potere di far sentire bene…o male ( cattivi,imbranati,
tristi…).
In questo caso cosa fa di solito un bambino ? cerca di capire cosa pensano questi adulti di lui,come fare per accontentarli,avere la loro approvazione..e sentirsi di nuovo bene e amato.
Da piccoli tutti dipendiamo dagli adulti,quegli esseri che non sbagliano mai,che hanno tutte le risposte,che sanno come cavarsela,che sanno come farci star bene con una parola o un abbraccio.
Poi iniziamo a crescere…Sperimentiamo,proviamo a capire i nostri limiti e i nostri punti di forza,impariamo giorno per giorno a staccarci.
Se gli adulti non ci fanno sentire sbagliati,se ci incoraggiano a trovare la nostra strada dando le giuste regole senza ricatti affettivi iniziamo a differenziarci (Io sono Io…e gli altri sono gli altri).
Iniziamo a sviluppare i nostri confini,la nostra identita’,al nostra unicità.
Il primo momento in cui si inizia a staccarsi e’ quando si impara a dire NO
Avete senz’altro notato come fanno i bambini verso i 2/3 anni.
Quello è il primo passo verso l’indipendenza e non verso la disubbidienza.
Cosa c’entra questo con la codipendenza?
La domanda è :
come è stato per te questo cammino dal No in poi?
Uscire dalla codipendenza significa in primis re-imparare a dire quel NO.reclamare il diritto : IO SONO IO
Questo è possibile farlo ad ogni età e da ora.
Vittoria Nervi
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